Aprire la connessione wifi di Alice Telecom Italia

Vi giuro, questo post lo butto giù di getto, e non penso minimamente al traffico che può generare, gli accessi etcetera, etcetera.

Visto che in rete si moltiplicano gli appelli ad aprire la rete wifi di casa per facilitare le comunicazioni nei luoghi del terremoto, io mi sono posto la domanda: ma lo sanno proprio tutti come si apre una connessione wifi? Chi ha in casa un router alice preconfigurato, è mai entrato nel pannello di amministrazione per variare dei parametri?

L’esperienza mi dice che solo una minima percentuale di persone è in grado di farlo, quindi ecco un tutorial per aprire il wifi di alice telecom italia in 4 passaggi

Passaggio 1

Aprite il browser e scrivete nella barra degli indirizzi 192.168.1.1

Passaggio 2:

Inserite la password che è admin, oppure 0000 oppure 1234.

Passaggio 3:

Cliccate sul bottone wifi nella colonna di sinistra:

Passaggio 4:

Selezionate modalità di cifratura ed impostatela in “disabilitata”

Il wifi di casa sarà ora disponibile a tutti, nel raggio d’azione di 200 metri circa in linea d’aria.

Consiglio inoltre, se possibile, di spostare il router di Alice il più possibile vicino ad una finestra, per potenziare il suo raggio d’azione.

+Antonangelo De Martini

Il bravo Disk Jockey di una volta

Ultimamente il mio driveback time è leggermente cambiato. E’ veramente raro che io possa rincasare prima delle 20:45. Il tragitto che separa il mio abituale luogo di lavoro a casa viene compiuto in circa venti minuti, tempo che da sempre impiego ascoltando la radio.

Se prima la mia scelta era assolutamente indirizzata alla talk radio targata Caterpillar, Radio2, ora nella fascia oraria che va dalle 20 alle 21 ho imparato ad apprezzare Radio Kisskiss network, con il programma di Stefano Piccirillo, La più bella musica della nostra vita.

Il programma di per se non ha niente di eccezionale, le canzoni sono delle hit assolute, di quelle che se le trovi durante una sintonia casuale non sopravvivono per più di dieci secondi prima che il dito scorra sulla rotella della sintonia, in cerca d’altro. Quello che però mi fa amare questo programma è la professionalità di Stefano, il suo essere stupendamente, in questo frangente si intende, in quanto non lo conosco per altre trasmissioni radio, uno speaker d’altri tempi. Una dizione perfetta, una contestualizzazione della canzone e degli artisti squisitamente didascalica, quasi ai livelli del sommo vate Massimo “wikipedia” Oldani, e poi l’intro.

Ragazzi, chi ha fatto radio a tutti i livelli negli anni che furono, sa perfettamente quanto la differenza tra uno speaker mediocre ed uno decisamente figo era beccare l’intro. Ma non sto parlando di beccarlo con esitazioni o tentennamenti, oppure, ancora peggio, con prolungamenti artificiosi del discorso in essere. Parlo di un metronomo calibrato sulle ottave e piantato direttamente nella corteccia cerebrale e in perfetta sincronia con le parole che escono dalla bocca e che terminano, magicamente, dopo aver chiuso il cerchio del discorso, un microsecondo prima che cominci il cantato.

Ecco, Stefano Piccirillo possiede questo dono e il fatto che sia in onda su un network nazionale, con un format così old style, mi fa ancora amare la radio in tutta la sua essenza.

Viva l’intro.

+Antonangelo De Martini

Google Plus per i Chromebook

Mi sono reso conto che con l’ultima release di Google Plus, non è più sufficiente un netbook con CPU atom o un computer con processore precedente al Core duo.

Ho fatto alcune prove con due computer, diciamo obsoleti: un AMD Sempron 2600 e appunto un Atom N270.

Sul PC con AMD, chromium è installato con tutte le estensioni disabilitate, mentre Atom ha solo 3 estensioni, consumatrici di ram, ma poco impattanti dal punto di vista della potenza computazionale.

Entrambi i computer, non appena ci si collega a http://plus.google.com, presentano una notevole difficoltà a processare la pagina, spingendo l’utilizzo della CPU al 100% e rendendo lo scrolling scattoso e quasi inutilizzabile. Monitorando infatti l’attività di scrolling, si scopre che l’utilizzo del processore da parte di chromium passa rapidamente da 0 a 100% ad ogni pressione del tasto “down” o allo scorrere verso il basso del mouse.

Insomma, se hai un computer datato, ti puoi scordare di usare google plus, per via del massiccio uso di javascript su tutta la pagina. Questo mi può anche stare bene, ma come la mettiamo con chromebook? Anche se i più possono esserselo dimenticato, chromebook è l’appendice fisica della visione cloud di Google. Un pezzo di hardware che prende vita solo se collegato alla nuvola di servizi Google.

Possiede un hardware molto simile ad Atom n270, teoricamente il doppio più potente, grazie ad una cache di secondo livello doppia e l’architettura dual core, ma da prove empiriche io non ho mai trovato una così grossa diferenza dagli Atom di prima generazione.

Ora, sarebbe bello sapere da chi possiede un chromebook, quanto ha impattato questa nuova interfaccia sull’esperienza d’uso, ma ho il timore che il mastodonte sia diventato troppo pesante anche per il fragile hardware dei netbook cloud della grande G.

Hai un Chromebook? Ti va di commentare e discutere? Puoi farlo qui nei commenti e su google plus, ovviamente 🙂

+Antonangelo De Martini

Le cose di una volta parte 1

E’ per me un periodo di riciclo, di rivalutazione delle cose di una volta.
Intendiamoci, con i tempi che corrono, le cose di una volta si possono annoverare negli oggetti che hanno anche solo due anni di vita.

Ecco alcuni strumenti che ho rimesso in vita e ri-cominciato ad usare su base giornaliera.

MacBook Nero 1.1 anno 2006
Core Duo (T2500) 2.0 GHz
1 GB PC2-5300 DDR2
80 GB (5400 RPM) Serial ATA (1.5 Gb/s)
13.3″ Widescreen Glossy display.

marcamp 2007

Image Credits:Luca Conti

E’ il mio primo e unico macbook, usato con assiduità per circa tre anni e poi abbandonato, prima in favore di un netbook 10,1 asus e poi semplicemente non usato per minore necessità di computazione in mobilità; per intenderci la comparsa degli smartphone ha ridotto l’esigenza di portarsi sempre appresso un notebook.

Ultimamente viaggiava sempre in borsa, ma sempre spento e veniva utilizzato solo nell’eventualità di un intervento presso qualche cliente. Le ragioni di un progressivo disinnamoramento credo siano da ricercarsi nel fatto che una macchina così poco dotata dal lato hardware ormai faticava, e non poco, con il carico del sistema operativo Mac OsX Leopard.

Alcuni giorni fa la svolta. Seguendo la precisa guida di Arch Wiki ho fatto piazza pulita di MacOs e installato Archlinux. Il macbook è tornato a nuova vita. Una saetta incredibilmente performante, con tutte le periferiche funzionanti, una sospensione su ram — che con macosx aveva smesso di funzionare per problemi di intermittenza del chip bluetooth — favolosa e una durata di esercizio delle batterie forse maggiore che con MacOs*.
continua…

*quest’ultima valutazione può essere falsata dal mio rinnovato entusiasmo nel veder volare un computer che prima era lento come una lumaca 🙂

+Antonangelo De Martini

Piastrella

Quando ero giovane se non avevi particolari destrezze nella guida della moto, se rimanevi sempre indietro durante i raid spericolati, venivi apostrofato come “piastrella”.

“Buuuhh, buuuuhh ti xe ‘na piastrela”

Ieri ho provato la custumer preview di Microsoft Windows 8 e, per via dell’evidente motivo a piastrelle della schermata start di Metro, mi è ritornato in mente lo sfottò giovanilistico (d’altri tempi) di cui sopra.

Metro interface windows 8

Qui però non si tratta di lentezza o di inettitudine, si tratta di un disastro di proporzioni immani sul fronte dell’usabilità. Il voler far fare lo smartphone anche al desktop/notebook porterà sciagure in casa Microsoft, a meno di correzioni clamorose dell’ultimo momento.

Poi è tutto mescolato. Ti metto la roba Metro ché tanto a te interessa solo andare su internet e per questo eccoti la bella piastrella celeste, però mantengo la piena compatibilità con il vecchio Desktop Environment, togliendo il menù start perché ho messo delle palline, con su stampate le vecchie icone,  in un sacchetto ed ho tirato a sorte per decidere cosa levare.

windows 8 desktop compatibility

Se pensi che il vecchio desktop ti possa dare conforto ti sbagli di grosso. Non puoi lanciare le applicazioni non-Metro dal bottone start — come ho detto prima non c’è più — ma solo da scorciatoia sul desktop . Sposti il mouse sull’angolo destro e appare una barra con degli strumenti ma il menù start ti riporta dalle piastrelle.

Per arrivare alla lista delle applicazioni, al pannello di controllo o al prompt dei comandi bisogna usare il click destro alla base di Metro.

apps on windows 9

Insomma, io non ho né il tempo né le capacità analitiche dei guri della user experience per poter dare giudizi equilibrati, e forse con il tempo si scoprirà anche che questa nuova interfaccia rivoluzionerà il modo di operare con un computer, ma per ora mi sembra un disastro.

Piastrella.

+Antonangelo De Martini

Si parte

Destinazione:Mauritius. Il periodo: dall’ 8 marzo al 19 marzo. Le modalità di viaggio: come al solito, raffazzonato, con nessuna informazione sul luogo che andremo a visitare, con il solo acquisto del volo aereo.

Ad essere completamente sinceri, abbiamo una buona base di conoscenza in luogo, formata in primis dal DJ David Posse, che ormai abita sull’isola da più di vent’anni e dal buon Chicco che a fine febbraio Gennaio 2012 ha deciso di mollare il lavoro ed andare laggiù per riposarsi e, forse, trovare la sua strada.

Ecco, trovare la propria strada. Se non hai ancora posto basi solide alla tua esistenza, sfondata la soglia dei quarant’anni, credo che tu sia di diritto asceso a persona speciale, conscia dei meccanismi indeterminati della vita e, in certo senso, illuminato. Passata una certa età ti rendi conto che quello che costruisci non ha nessuna certezza, puoi venire spazzato via in un istante e solo la cateratta della giovinezza ti impedisce di vedere questa amara realtà.

Insomma, saranno dieci giorni durante i quali cercherò di allontanare qualsiasi forma di stress e rottura di palle dal lavoro, anche se stare lontani dal web sarà molto difficile. E dal momento che non ho ancora capito se con il web ci lavoro oppure no, anche solo lanciare un browser potrebbe compromettere i buoni propositi di riposo totale.

Staremo a vedere.

+Antonangelo De Martini

Sempre attivismo da one click

Oggi è l’anti ACTA e TPP day.

Da bravo attivista del click lo segnalo a tutti voi, anzi incoraggio chiunque a divulgare, via profilo facebook, twitter e blog.

 

New Balance 993 Fresh Out Of The Box

Questo è un post in puro stile fanboy che neanche quelli che mettono le tende davanti all’Apple Store prima che esca il nuovo iPhone.

Dopo tre anni di continuato uso – e per continuato intendo che non le ho mai levate di dosso, se non per metterle in lavatrice ed aspettare che si asciugassero – le mie New Balance 991 comprate a New York nel 2009, hanno cominciato a mostrare il segno del tempo. La tomaia in nylon mesh presenta dei buchi poco decorosi, anche se gli conferiscono un aspetto vissuto che non nascondo ha i suoi lati affascinanti. Come ovviare al problema? Semplice, ricomprare un altro paio di 991.

Nell’era dello shop online pervasivo, dell’offerta molto superiore alla domanda, pensavo di non avere nessun problema a reperirle. Mi sbagliavo. Nel canale retail sul territorio, qui in Italia, New Balance ha deciso di distribuire la linea 991/993 – sì, anche 993, perché nel frattempo il modello ha subito un fork, prendendo una nuova numerazione di modello ed un impoverimento dell’articolo, secondo me — solo attraverso i negozi di abbigliamento, di quelli fighetti. La morale della favola è che in tutti i negozi che ho visitato durante il periodo dei saldi  — 200 euro a prezzo normale mi sembrava troppo — nessuno aveva il mio numero, o se lo aveva, non aveva il colore che volevo io, ossia grigio chiaro, il solo colore per le 991/993.

Cerco online, allora. Il deserto dei tartari: solo uno shop online, zalando.it ha delle 993 a 139.95 euro. Rimugino, calcolo — solo il 30% di sconto, vabbeh — e poi acquisto.

Ed eccole qui, appena estratte dalla scatola, bellissime.

Come ho detto prima, la 993 è stata privata, impoverendola, degli inserti shock absorb nel tallone e in prossimità del mignolo, ma le linee, la forma e i materiali sono rimasti invariati. Come tutte le New Balance di fascia alta destinate al mercato europeo sono Made in UK e la cura nei dettagli è impeccabile. Cuciture precise, nemmeno una sbavatura di mastice che sia una, veramente ben fatte.

La cura della taglia è come al solito approssimativa. Io porto un 43 preciso, ma per avere una calzata ottimale ho dovuto prendere il 44 e ½. Questo è un vizio di molti produttori di sneakers. Ricordo che una volta per avere la calzata giusta su un paio di adidas, dovetti comprare il 46 e ½.

Ora le 993 sono nuovamente ai miei piedi, senza buchi vintage e pronte ad affrontare con me altri tre anni di strada. Dopo di che, spero che anche qui da noi ci si possa costruire le proprie custom 993, come possono fare negli Stati Uniti.

+Antonangelo De Martini

Cosa fare con l’avvento di IPv6

Prima o poi ci si arriva, ad IPv6. E se potremmo anche non accorgerci che qualcosa è cambiato, solo quello scatolotto, con le antennine e con le prese dietro, che ci ha rimandato il nostro provider, tutto cambia dentro le nostre macchine.

Manterremo l’IPv4 all’interno della nostra rete locale, non ci piove, chi se li può ricordare gli indirizzi IPv6.

Lo scatolotto al suo interno avrà un bel radvd che staccherà gli indirizzi pubblici IPv6 alle nostre macchine client, il NAT funzionerà per gli host ancora in IPv4 e se il sito che vogliamo raggiungere avrà anche un record AAAA, tanto meglio, vedremo la tartaruga muovere il collo.

Però i servizi all’interno delle nostre macchine saranno lì, belli esposti e aperti sul mondo. Ecco perché non appena si passerà ad IPv6 occorrerà fare subito un bel

# nmap -6 -n -r -v -p1-65535 -sT fcf7:75f0:82e3:327c:7112:b9ab:d1f9:bbbe

Starting Nmap 5.61TEST2 ( http://nmap.org ) at 2011-12-29 20:40 EST
Initiating Connect Scan at 20:40
Scanning fcf7:75f0:82e3:327c:7112:b9ab:d1f9:bbbe [65535 ports]
Completed Connect Scan at 20:40, 4.38s elapsed (65535 total ports)
Nmap scan report for fcf7:75f0:82e3:327c:7112:b9ab:d1f9:bbbe
Host is up (0.00073s latency).
All 65535 scanned ports on fcf7:75f0:82e3:327c:7112:b9ab:d1f9:bbbe are closed

Read data files from: /usr/local/bin/../share/nmap
Nmap done: 1 IP address (1 host up) scanned in 4.60 seconds
           Raw packets sent: 0 (0B) | Rcvd: 0 (0B)

E se dovesse apparire anche solo una voce “Open” , chiuderla appena possibile.
+Antonangelo De Martini

Pacman errori durante upgrade

Pacman, il meraviglioso gestore di pacchetti di ArchLinux – anche se poi non gestisce pacchetti, ma più correttamente, metapacchetti – è giunto alla versione 4.0.1-4. Per chi proviene dalla 3.5, come me, si è trovato una bella sorpresa dopo aver lanciato il consueto pacman -Syu: una volta scaricati i pacchetti da aggiornare, non c’è modo di installarli. Ci si trova infatti davanti ad un messaggio poco confortante:

error: failed to commit transaction (invalid or corrupted package)
Errors occurred, no packages were upgraded.

Niente paura. Una breve ricerca sul forum di Arch e il rimedio è presto trovato.

E’ necessario ricreare una chiave gpg per pacman con il comando pacman-key –init ed aggiungere la seguente linea a /etc/pacman.conf

SigLevel = Optional TrustAll

Se durante la creazione della chiave gpg il sistema si lamentasse per una non sufficiente entopia del sistema potete provare a muovere/trascinare una finestra, se siete in ambito X, o se state amministrando un sistema senza server grafico, magari via ssh, potete procedere come segue: Installate rng-tools via yaourt (non avrete i problemi di pacman come sopra) lanciate come root il seguente comando:

rngd -f -r /dev/urandom

e di seguito – in un altro terminale –

pacman-key --init.